Km: Walked 16
Walking time: 5 hours
Many years later, a child is born in Matsuyama who cannot open his right hand. Doctors try everything they know but the hand remains shut. Eventually a Buddhist priest is summoned who prays over the child. The childs hand opens in response to the prayer and out falls a stone upon which is written "This is the reincarnation of Emon Saburo".
The stone is supposedly on display in Ishite-ji but we did not see it. In truth, we were disappointed with this temple. It was clearly very popular with locals and tourists in the not to distant past but in recent years seems to be in decline. The Daishi-dō (the hall dedicated to Kūkai, which is in every temple on the pilgrimage) was practically decrepit inside, with holes in the roof and obvious signs of rot. We were glad to be on our way to be honest.
After that it was a bland 40 minute walk through city back streets to the hotel we are staying at tonight. Tomorrow is a rest day in Matsuyama. We plan to visit the castle, the oldest onsen in japan (3000 years old apparently) and then spend the rest of the day sampling the local specialities. So there likely won't be a blog tomorrow, unless Giulia feels like throwing up some photos.
Italiano
Questa mattina siamo stati fortunati a poter dormire un po’ di più, dato che il tempio successivo, Yasaka-ji (tempio 47), si trovava a solo un chilometro dal minshuku dove avevamo pernottato. Così siamo partiti alle 7:40, in modo da arrivare a Yasaka-ji giusto in tempo per trovare aperto il Nōkyōsho e farci timbrare il libretto.
Yasaka-ji, così chiamato perché pare abbia otto diversi accessi in salita (saka vuol dire “collina” in giapponese), è un tempio molto pittoresco ai margini di Matsuyama, in quella strana zona di confine che si trova spesso nelle periferie giapponesi: non è più città vera e propria, ma neanche campagna – una via di mezzo con tante piccole case per pendolari sparse tra le risaie.
Yasaka-ji è uno dei templi più antichi dell’Henro, fondato nel 701, anche se pare sia stato ricostruito da Kūkai durante il suo pellegrinaggio di Shikoku. Il tempio è legato alla tradizione buddhista dello Shūgendō e, per questo, la posizione di sacerdote è ereditaria nella famiglia Yasaka, che può vantare una linea continua di oltre 100 sacerdoti.
Dopo Yasaka-ji abbiamo fatto una breve camminata di circa 4 km alla periferia di Matsuyama fino al tempio 48, Sairin-ji. La passeggiata ci ha regalato ogni tanto qualche bella vista sulla città, ma per il resto è stata piuttosto monotona, passando per strade secondarie tra case, fattorie e qualche capannone industriale. Però una signora del posto ci ha regalato due pomodori grossi e maturi come settai! La particolarità di Sairin-ji è che vi si scende dentro: il tempio si trova infatti in una conca, più in basso rispetto all’area circostante. I locali tradizionalmente paragonano l’ingresso al tempio a una discesa negli inferi, anche se onestamente non ci è sembrato che il posto giustificasse l’immagine. C’è però uno stagno molto carino, pieno di carpe, al centro del quale si trova una statua di Jizō (una sorta di “protettore dei viaggiatori” in Giappone) che si dice esaudisca un desiderio a chi lo prega. Io e Giulia abbiamo colto l’occasione, ma ancora non sappiamo se ci sia andata bene!
Da Sairin-ji è stata un’altra camminata di 4 km, di nuovo lungo strade secondarie poco memorabili, fino a Jōdo-ji. Fondato all’inizio dell’VIII secolo, fu convertito da Kūkai al buddhismo Shingon (la scuola da lui fondata) durante il suo pellegrinaggio. Oggi però il tempio è associato a un altro monaco itinerante molto noto, Kuya, che ci visse nel X secolo. Si trova su una lieve collina e il momento più bello è stato quando, uscendo, ci siamo persi e siamo finiti in un parco con una terrazza panoramica da cui si vedevano benissimo Matsuyama e il castello. Un signore del posto è salito sulla terrazza con noi e ci ha spiegato brevemente i punti salienti della città. Matsuyama, ci ha detto, ha conosciuto una grande espansione urbana solo negli ultimi decenni – con un certo tono di rimpianto, a dire il vero.
Dopo Jōdo-ji, ci siamo lasciati guidare da alcuni cartelli dipinti a mano lungo le colline fuori Matsuyama fino a Hantaji, il tempio 50. Anche questo ha regalato belle vedute sulla città e si trova in una zona piena di onsen. Fu fondato originariamente da Gyōki, ma anche Kūkai ci soggiornò per un po’. Dopo la sua partenza però il tempio cadde in declino, finché non fu ricostruito da un daimyo locale nell’XI secolo. In seguito sviluppò legami con la corte imperiale grazie alla sua affiliazione con un tempio imperiale di Kyoto, ed ebbe anche il patrocinio dello shogunato Tokugawa, che si dice abbia consacrato lì tre Buddha. Per noi, però, il pezzo forte del tempio è stato la campana, forgiata nel 1679 con le offerte della popolazione locale: davvero impressionante.
Dopo di che, abbiamo attraversato una zona residenziale collinare che ci ha fatto molto pensare a dove viviamo a Takata, Yokohama, e siamo arrivati al tempio Ishite-ji, il tempio 51. Ishite-ji è famoso perché conserva, tra i suoi reperti, la pietra appartenuta a Emon Saburo, il leggendario fondatore del pellegrinaggio.
Giulia vi avrà già raccontato in parte la sua storia, ma se mi permettete... Saburo era un signorotto locale del IX secolo. Kūkai lo visitò per otto giorni consecutivi chiedendogli l’elemosina, ma Saburo lo respinse ogni volta, finché all’ottavo giorno perse la pazienza e gli gettò a terra la ciotola, rompendola. Il nono giorno Kūkai non tornò più, ma il figlio maggiore di Saburo si ammalò e morì. Il giorno dopo toccò al secondo figlio. E così, in otto giorni, morirono tutti gli otto figli di Saburo. Resosi conto del suo errore, Saburo rinunciò a tutti i suoi beni, prese i voti e iniziò a percorrere l’intero pellegrinaggio di Shikoku per cercare Kūkai e chiedere perdono. Fece 42 giri senza trovarlo, poi cambiò strategia e iniziò a percorrerlo al contrario. Alla fine incontrò Kūkai sul pendio del monte dove oggi si trova Shōsan-ji, il tempio 12. Ormai vecchio e gravemente malato, Saburo espresse un ultimo desiderio: rinascere come signore locale per poter dare agli altri la compassione che non aveva avuto in questa vita. Morì sul monte, e da allora è considerato il primo pellegrino.
Anni dopo, a Matsuyama nacque un bambino che non riusciva ad aprire la mano destra. I medici provarono di tutto, ma nulla funzionava. Fu allora chiamato un monaco buddhista, che pregò sul bambino. La mano si aprì – e ne cadde una pietra con scritto: “Questa è la reincarnazione di Emon Saburo.”
Pare che quella pietra sia esposta a Ishite-ji, ma noi non l’abbiamo vista. A dire il vero, siamo rimasti un po’ delusi dal tempio. Un tempo doveva essere molto frequentato, ma oggi sembra lasciato andare. Il Daishi-dō (la sala dedicata a Kūkai, presente in ogni tempio del pellegrinaggio) era praticamente cadente, con buchi nel tetto e segni evidenti di muffa e marcescenza. Siamo stati felici di andarcene, a dirla tutta.
Da lì è stata una passeggiata piatta di 40 minuti tra le viuzze della città fino all’hotel dove pernottiamo stanotte. Domani ci concediamo una giornata di riposo a Matsuyama. Contiamo di visitare il castello, il più antico onsen del Giappone (pare abbia 3000 anni!) e poi trascorrere il resto della giornata a provare le specialità locali. Quindi probabilmente domani niente blog – a meno che Giulia non decida di caricare qualche foto.














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