Temples: 65
Km: Walked 17
Walking time: 5 hours 20 minutes
After this, there was another 2 hours of rather uneventful walking, mostly alongside a main road to reach our accommodation for the evening, Minshuku Okada. The Minshuku (guesthouse) is located in a small village that is pretty much the only place to stop along the route before ascending a mountain to temple 66 so we were grateful to have been able to reserve rooms here. We were warned after leaving Shikokuchuo this morning that there would be no place to buy food or drink so we were delighted to see that there was a bank of vending machines along the road right at the turn off for our minshuku. We downed a coffee and a bottle of Mikan juice (the local citrus Ehime is famous for) in short order and stocked up with a few sports drinks and more coffees for the hike tomorrow.
Italiano
Oggi siamo usciti dall’hotel piuttosto tardi, alle 7:55. La nostra prima meta era Sankaku-ji, il tempio numero 65. Si trovava a circa 4 km di distanza, a 450 metri di altitudine, su una collinetta appena fuori dalla città dove alloggiavamo. Per arrivarci, abbiamo dovuto attraversare una superstrada molto trafficata all’ora di punta, dove Google ci ha portati a un “attraversamento” che, in realtà, non esisteva. Ultimamente capita spesso… Abbiamo avuto quello che Giulia chiama un momento “Parlo solo italiano”, che praticamente consiste nell' attraversare a caso, e siamo comunque riusciti a raggiungere il lato opposto della strada e a salire per alcune stradine secondarie fino all’inizio del sentiero che porta al tempio.
Pioveva quando siamo usciti dall’hotel, ma non forte, e andava via via attenuandosi. Quando siamo arrivati all’imbocco del sentiero, l’intera montagna era avvolta da una nebbia fittissima. L’ingresso del sentiero sembrava uscito da un vecchio film horror… metteva davvero un po’ i brividi.
La salita era un po’ ripida, ma breve, e siamo arrivati all’ingresso del tempio verso le 9:20. Si intravedeva appena il Niomon in cima a una cinquantina di scalini sopra il parcheggio. Siamo arrivati proprio al momento giusto: un paio di O-henro-san, provenienti da Gunma e in pellegrinaggio in macchina, ci hanno regalato dei frutti di agrumi locali come o-settai. Sono stati una bellissima aggiunta al nostro pranzo a base di frutta secca e barrette proteiche.
Il nome Sankaku-ji significa “tempio a tre lati” (cioè triangolare). È l’ultimo tempio nella prefettura di Ehime, conosciuta come la “fase dell’illuminazione” del pellegrinaggio, quindi in teoria dovremmo ormai essere ben avviati sulla strada per diventare dei Buddha. Ma visto tutto il turpiloquio e le urla contro Google stamattina, ho qualche dubbio che stia funzionando davvero.
In ogni caso, il tempio – fondato da Gyōki – prende questo nome perché, secondo la leggenda, quando Kōbō Daishi lo visitò, costruì un altare triangolare per celebrare un rito di goma della durata di 21 giorni (di cui parliamo nel blog del giorno 40). I resti sarebbero ancora visibili su un’isoletta in uno stagno triangolare all’interno del complesso. A prescindere dalla storia, tra la nebbia, i draghi finemente scolpiti sul Hondō e le statue immerse nella foschia sparse per il tempio, è stato uno dei luoghi più tranquilli e suggestivi che abbiamo visitato finora lungo tutto il pellegrinaggio.
Dopo aver preso i timbri e lasciato il tempio, abbiamo proseguito lungo alcune strade secondarie che si snodano in alto nella valle della montagna. Ci avevano promesso dei panorami spettacolari, tra i più belli dell’intero pellegrinaggio… ma oggi non era proprio la giornata giusta per goderli.
Dopo un’altra oretta di cammino tra stradine secondarie, siamo arrivati in una valle piena di risaie pittoresche. Poco dopo siamo giunti al Jōfuku-ji, la nostra seconda tappa della giornata, che è anche il tempio numero 14 dei Bekkaku (i templi “facoltativi”). Il Jōfuku-ji è famoso per un’antichissima camelia. La leggenda racconta che, quando Kōbō Daishi passò da queste parti, un’epidemia stava devastando i villaggi locali. Come parte di un rito per purificare la zona, il Daishi piantò il suo bastone nel terreno, sigillando simbolicamente la malattia sotto terra. Si dice che la camelia sia cresciuta esattamente nel punto in cui piantò il bastone, e da allora viene venerata come oggetto sacro. Al di là della veridicità della leggenda, il piccolo tempio con l’albero e la statua del Daishi era molto suggestivo, e il tavolo con le sedie fuori dalla residenza del tempio era perfetto per la pausa pranzo.
Dopo di questo ci aspettavano altre due ore di cammino, questa volta piuttosto monotone, lungo una strada principale, per raggiungere il nostro alloggio per la notte: Minshuku Okada. Il minshuku (una sorta di pensione giapponese a gestione familiare) si trova in un piccolo villaggio, praticamente l’unico punto dove fermarsi prima di salire verso il tempio 66, quindi siamo stati ben felici di essere riusciti a prenotare. Stamattina, quando abbiamo lasciato Shikokuchūō, ci avevano avvertiti che lungo il percorso non ci sarebbero stati negozi o ristoranti, quindi eravamo felicissimi quando abbiamo trovato una fila di distributori automatici proprio all’incrocio per il nostro minshuku. In men che non si dica ci siamo scolati un caffè e una bottiglia di succo di mikan (gli agrumi tipici di Ehime), e abbiamo fatto scorta di bevande energetiche e altri caffè per la camminata di domani.






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